Obligation of the anti Covid-19 vaccine: how will Italian companies behave?

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Author: Future Manager Research Center

Gennaio 2021 – L’argomento è molto delicato ed è anche causa di accese polemiche, tuttavia le discussione sugli aspetti etici in relazione ad un’eventuale obbligatorietà della somministrazione di un vaccino anti COVID-19 sono all’ordine del giorno.

La fase di realizzazione di un vaccino richiede delle tempistiche alquanto elevate ma grazie all’investimento di ingenti risorse economiche e all’incessante lavoro svolto nei laboratori, la messa a punto dei vaccini ha subito una grande accelerazione. L’EMA (European Medicines Agency) ha acconsentito, nel Dicembre 2020, a far partire la campagna di vaccinazioni in Europa con la speranza di raggiungere al più presto la cosiddetta “immunità di gregge”. Il vaccino viene somministrato agli individui con delle priorità ben precise attraverso due iniezioni a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra, con lo scopo primario di prevenire il contagio.

Appurato che il vaccino contro il COVID-19 è una misura necessaria per tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro, nei contesti aziendali sorgono domande alle quali è abbastanza arduo rispondere, tra cui: i datori di lavoro possono obbligare i dipendenti a vaccinarsi? Oppure, un dipendente che si rifiuta di ricevere la profilassi per il SARS-CoV-2 può essere licenziato? Il dibattito è ancora aperto ma esistono normative in materia che possono dare un’iniziale chiarimento sulla questione.

Ovviamente le regolamentazioni variano da paese a paese; in Italia, ad esempio, secondo l’art 32 della Costituzione “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Allo stato attuale sembra che la legge scarti la possibilità di un’imposizione forzata del vaccino, tuttavia è d’obbligo fare delle precisazioni. Secondo il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (TUSL), è compito del medico competente fornire tutte le informazioni sulle conseguenze di una mancata vaccinazione, sull’importanza dell’immunizzazione e specificare vantaggi e inconvenienti della questione. Inoltre l’art. 2087 del Codice Civile “obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda o presso una Pubblica Amministrazione”, norma che sembrerebbe aprire uno spiraglio verso la resa obbligatoria del vaccino, ma ovviamente non è possibile disporre soltanto del generico art.2087 per prendere delle decisioni.

Diversa è la situazione normativa che interessa i lavoratori che, per una serie di ragioni specifiche, non possono vaccinarsi. In questo caso il dipendente può essere allontanato e adibito ad altra mansione, ove possibile, ricordando anche che il decreto Rilancio (decreto legge n. 34/2020) riconosce ai lavoratori fragili il diritto allo smart working.

Secondo l’art.26 del TUSL, il datore di lavoro che affida ad un’impresa appaltatrice o a un lavoratore autonomo l’esecuzione di un lavoro o di un servizio o di una fornitura, non è tenuto a sottoporre i dipendenti dell’impresa appaltatrice o il lavoratore autonomo a sorveglianza sanitaria e segnatamente a vaccinazione, ma dovrà elaborare il DUVRI (Documento unica per la valutazione dei rischi da interferenze) contenente le misure contro i rischi da interferenze (inclusa la vaccinazione) e a vigilare sull’effettiva osservanza di tali misure da parte dell’impresa appaltatrice o del lavoratore autonomo.

Le vaccinazioni potrebbero in futuro essere obbligatorie per poter svolgere uno specifico lavoro (nell’esercizio di diritti fondamentali) o raccomandate per poter lavorare in sicurezza al fine di consentire a chi è più fragile e non può essere vaccinato di esercitare i suddetti diritti fondamentali. Queste sono però solo delle mere ipotesi dal momento che allo stato attuale non è intenzione del Governo disporre l’obbligatorietà della vaccinazione e per tutti coloro che decidono di non vaccinarsi non si prevedono grandi limitazioni. Eppure non ci dovremmo meravigliare se ci ritrovassimo a dover dimostrare di essere stati vaccinati in luoghi dove il rischio di contagio è altissimo.

Quello che verrà valutato nel corso della campagna sarà il tasso di adesione dei cittadini, questo perché la legge non consente di sanzionare il dipendente che rifiuta il vaccino. È dovere dello Stato effettuare campagne di informazione che facciano leva e chiarezza sull’importanza di immunizzarsi. Spingersi ad affermare che spetti al datore di lavoro vigilare e, nel caso, prendere dei provvedimenti nei confronti del dipendente che non si sia sottoposto a vaccinazione è un’eventualità alquanto pretenziosa.